Continuano gli interventi della Cassazione sulla questione del diritto o meno all’assegno divorzile da parte della donna allorchè risulti instaurata una nuova relazione sentimentale.
La novità della sentenza del 17/12/2020 n. 28915 sta nel fatto che la Corte Suprema ha confermato la sentenza della Corte d’Appello che aveva revocato l’assegno di divorzio alla moglie senza che questa convivesse stabilmente con il nuovo partner.

È frequente che il fallimento del proprio matrimonio comporti conseguenze sul piano psichico, soprattutto nelle donne, dando luogo a disturbi di tipo depressivo che possono incidere anche nell’ambito lavorativo
La giurisprudenza si è occupata più volte della depressione laddove lo stato asseritamente invalidante preclude le possibilità di potersi procacciare un lavoro o di proseguire quello precedente.

di Roberto Thomas
già magistrato minorile a Roma- direttore del corso di perfezionamento in criminologia minorile e psicologia sociale presso l’università LUMSA di Roma

Il problema principale che affligge da molti anni la nostra giustizia è l’estrema lunghezza dei processi, sia civili che penali, tanto è vero ciò che già con la legge costituzionale 23 novembre 1999 n.2 si introdusse un nuovo secondo comma all’art. 111 della Costituzione, che dopo aver riaffermato il principio dell’imparzialità del giudice, prevede “la ragionevole durata”dei procedimenti giudiziari .

La situazione in cui ci troviamo inaspettata e senza alcuna precedente esperienza in tal senso, tra gli altri effetti ha comportato quello della forzata coabitazione tra familiari, coniugi e compagni all’interno di uno stesso alloggio 24 ore su 24. Secondo alcuni, tale forzata coabitazione porterà inevitabilmente all’acuirsi di quelli che erano i contrasti, prima sopiti dalla lontananza, invece ora accentuati dalla presenza, costante e continua, all’interno della stessa abitazione, sicché scherzosamente si ipotizza un incremento di lavoro per gli avvocati al termine dell’emergenza sanitaria.

Di particolare interesse è la sentenza n° 6926 depositata il 21 febbraio 2020 dalla Corte di Cassazione penale che annullava la condanna di un imprenditore il quale, dopo aver subito la notifica della cartella di pagamento, cedeva le quote della sua società al coniuge, impedendo quindi all’amministrazione fiscale di poter procedere all’esecuzione forzata.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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