Le agevolazioni di cui all'art. 19 della legge n. 74 del 1987 operano con riferimento a tutti gli atti e convenzioni che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare, sotto il controllo del giudice, i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili ed immobili all'uno o all'altro coniuge. Dunque. va ritenuto esente da in.v.im. il conguaglio in denaro a fronte di un trasferimento immobiliare attribuito a uno dei coniugi in sede di conciliazione giudiziale sulla scioglimento della comunione dei beni, nell'ambito del giudizio di divorzio , il relativo verbale costituendo parte integrante del medesimo).

Nell'ipotesi di domanda congiunta di divorzio per inconsumazione, l'adozione del rito camerale, dovuta, peraltro, all'esigenza di dare sollecita definizione a casi, di regola, agevolmente risolvibili con una rapida comparizione delle parti, non può, tuttavia, comportare alcuna rinuncia od alcun limite all'esercizio del potere giurisdizionale

In caso di domanda congiunta di divorzio non è necessaria la presenza personale dei ricorrenti davanti al tribunale in camera di consiglio, per confermare la volontà già espressa con il ricorso introduttivo. Poichè è indispensabile, peraltro, che permanga, fino alla pronunzia del tribunale, la volontà di proporre la domanda giudiziale, ove uno dei coniugi non compaia alla ricordata udienza, giustificando la propria assenza con una dichiarazione autenticata di volere revocare espressamente il consenso già prestato a richiedere la cessazione degli effetti civili alle condizioni indicate nel ricorso - ferma l'efficacia dei patti di natura negoziale sostanziale contenuti in detto ricorso, salvo che gli stessi non siano stati condizionati alla pronunzia del tribunale e alla permanenza della volontà delle parti - il tribunale deve dichiarare non luogo a provvedere e ordinare l'archiviazione degli atti.

La " domanda congiunta " di divorzio , ai sensi dell'art. 4, comma 13, della l. 1 dicembre 1970 n. 898, non configura una ipotesi di divorzio "consensuale", analogo alla separazione consensuale, poiché il giudice non è condizionato al consenso dei coniugi, ma deve verificare la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di scioglimento del matrimonio, avendo l'accordo dei coniugi rilevanza, invece, per quanto concerne le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, nel cui merito il tribunale non deve entrare (salva l'ipotesi di contrasto delle condizioni stabilite rispetto all'interesse dei figli). Pertanto, ove uno dei coniugi, in sede di comparizione innanzi al collegio, revochi il consenso già prestato, tale revoca è, per un verso, irrilevante, perché il giudice adito esamini, nel merito, la domanda di divorzio (per cui deve essere cassata la sentenza della Corte di appello che abbia dichiarato improcedibile la domanda congiunta ), per altro, relativamente alla disciplina dei rapporti patrimoniali contenuta nella domanda congiunta , inammissibile (per cui qualora il giudice ritenga la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di divorzio , dovrà mantenere fermi gli accordi patrimoniali indicati nella domanda congiunta ).

Poiché la domanda congiunta di divorzio non è la somma di due distinte domande, né il frutto dell'adesione di una parte alla domanda dell'altra, la rinuncia di una delle parti, salvo che la domanda congiunta non sia dovuta ad errore, violenza o dolo, è inammissibile.

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Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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