In tema di separazione , qualora sia stato concesso in comodato , senza determinazione di durata, un immobile a due coniugi perché lo utilizzino come casa familiare, i comodanti sono tenuti a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, anche in ipotesi di crisi coniugale e di separazione dei coniugi, con assegnazione della casa coniugale al solo coniuge cui sono stati affidati i figli minori. Ove il suddetto comodato (in favore di un nucleo familiare già formato o in via di formazione) sia stato stipulato senza limiti di durata, si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare essendovi stato impresso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all'uso - cui la cosa deve essere destinata - il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, "ad nutum", del comodante.

In sede di separazione personale dei coniugi, non può disporsi l' assegnazione parziale della casa coniugale a meno che l'unità immobiliare in contestazione sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia ovvero questa ecceda per estensione le esigenze della famiglia e sia agevolmente divisibile .

L'accordo tra i coniugi che dispone l'assegnazione della casa familiare, in favore del coniuge affidatario dei figli, costituisce in capo allo stesso un diritto personale di godimento, opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente, per cui quest'ultimo è tenuto a rispettare il godimento del coniuge. In particolare, le statuizioni relative alla tutela dei figli permangono anche se i figli, pur avendo raggiunto la maggiore età, non sono autonomi economicamente e convivono ancora con il genitore (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha cassato con rinvio la decisione della Corte d'Appello che aveva condannato l'occupante al rilascio dell'immobile. Nella specie, infatti, l'ex coniuge aveva venduto la casa familiare a una società dichiarando che era occupata dalla moglie e dai figli in virtù delle condizioni di separazione consensuale. In seguito alla liquidazione della società, l'appartamento veniva assegnato a due persone che, vista la maggiore età raggiunta dai figli dell'occupante e la conseguente perdita del diritto ad abitarla, chiedevano l'immediato rilascio dell'abitazione, contestandone l'abusiva occupazione).

L' assegnazione parziale o frazionata della casa familiare, nonostante l'art. 155 quater, c.c., nulla statuisca in merito, è un provvedimento che il Giudice può adottare, qualora la sua sensibilità lo induca a ritenerlo opportuno nel merito, per porre fine ad una situazione di coabitazione forzosa tra le parti ma per favorire comunque l'incontro dei due figli tra di loro e con i rispettivi genitori, e praticabile nella realtà, nel senso che la conformazione e le dimensioni della casa lo consentano.

Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell'uno nei confronti dell'altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della "donazione", e - tanto più per quanto può interessare ai fini di una eventuale loro assoggettabilità all'"actio revocatoria" di cui all'art. 2901 c.c. - rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di " separazione consensuale " (il fenomeno acquista ancora maggiore tipicità normativa nella distinta sede del divorzio congiunto), il quale, sfuggendo - in quanto tale - da un lato alle connotazioni classiche dell'atto di "donazione" vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sé, ad un contesto - quello della separazione personale - caratterizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell'affettività), e dall'altro a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l'assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua "tipicità" propria la quale poi, volta a volta, può, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all'art. 2901 c.c., colorarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della "gratuità", in ragione dell'eventuale ricorrenza - o meno - nel concreto, dei connotati di una sistemazione "solutorio-compensativa" più ampia e complessiva, di tutta quell'ampia serie di possibili rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale.

Il decreto di omologazione della separazione consensuale costituisce titolo esecutivo, in forza del quale è anche possibile iscrivere ipoteca giudiziale, pertanto, la domanda di decreto ingiuntivo volta alla condanna del debitore all'adempimento del credito derivante dall'assegno di mantenimento è inammissibile per difetto di interesse.

Il comodato precario è caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del "vinculum iuris" costituito tra le parti é rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla "ad nutum" con la semplice richiesta di restituzione del bene senza che assuma rilievo la circostanza che l'immobile sia stato adibito a casa familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra i coniugi, all'affidatario dei figli. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda di restituzione di un immobile concesso in comodato dai genitori al figlio e rimasto nella disponibilità della nuora dopo la separazione , ritenendo che la legittimità di tale pretesa fosse subordinata alla sopravvenienza di un urgente e impreveduto bisogno ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c.).

Concesso - da parte del genitore - in comodato un immobile al figlio perché sia adibito a casa familiare, il successivo provvedimento intervenuto nel giudizio di separazione , di autorizzazione a favore di uno di essi (in particolare, della nuora) ad abitare la casa stessa nei limiti normativi di cui all'art. 155, comma 4, c.c., non è opponibile al comodante allorché lo stesso chieda la restituzione, nell'ipotesi di sopravvenuto bisogno, segnato dai requisiti dell'urgenza e della non previsione, ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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