In materia di divisione, la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al tempo della divisione, coincidente, nel caso di divisione giudiziale, con il momento di presentazione della relativa domanda giudiziale.

La più recente giurisprudenza è giunta alla conclusione, del tutto condivisibile, che il patto con cui i coniugi, in sede e a seguito di separazione consensuale o di cessazione degli effetti civili del matrimonio su ricorso congiunto, abbiano previsto un trasferimento immobiliare a soddisfazione dell'obbligo di mantenimento gravante su uno degli stessi non integra, di per sé, negozio a titolo gratuito o una donazione, stante la sua funzione solutoria; detti accordi, peraltro, sono pur sempre soggetti all'azione revocatoria ordinaria in presenza dei presupposti di cui all'art. 2901 comma 1 n. 1 e 2 c.c. Presupposti per l'accoglimento dell'azione ex art. 2901 c.c. sono l’esistenza del credito verso il debitore. Fatto di disposizione patrimoniale pregiudizievole successivo all'insorgenza di detto credito, l'"eventus damni" e la “scientia damnii” da parte del debitore e del terzo acquirente. Quanto alla "scientia fraudis" da parte dell'acquirente, va anche rammentato come, per pacifica giurisprudenza, tale elemento soggettivo possa essere comprovato mediante presunzioni, purché precise, gravi e concordanti. alla stregua di quanto previsto dall'art. 2729 comma 1 c.c. senza che sia necessaria da parte dell'avente causa la specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l'azione per revocatoria, bastando la consapevolezza che l'atto compiuto possa arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori dell'alienante o che lo stesso possa rendere più difficile la soddisfazione dei crediti di questi ultimi.

Per stabilire se ed in quali limiti un determinato atto od una domanda giudiziale trascritta sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare senza possibilità di equivoci ed incertezze gli elementi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, od il soggetto contro il quale la domanda sia rivolta, senza potersi attingere elementi dai titoli presentati e depositati con la nota stessa, né peraltro possa ostare la tardiva menzione sui registri ausiliari preordinati alla ricerca. (Nella specie la ricorrente, comproprietaria della casa coniugale, aveva trascritto domanda per separazione giudiziale nel 1995 e alla fine del 1996 l'atto con cui il marito costituiva in favore di lei un diritto di abitazione sullo stesso immobile; nelle more tra i due atti una creditrice del marito aveva però iscritto ipoteca giudiziale sulla quota di proprietà di quest'ultimo. La S.C, in base all'enunciato principio, ha confermato la decisione del merito, che aveva escluso che la generica trascrizione del ricorso per separazione valesse già a tutelare la costituzione del diritto di abitazione, attesa la differenza tra quest'ultimo e l'assegnazione della casa familiare, che è un diritto personale di godimento. La Corte ha precisato che atto trascrivibile sarebbe stato comunque non il ricorso per separazione , ma il provvedimento di assegnazione della casa familiare, del quale parte ricorrente aveva dedotto l'opponibilità solo nel giudizio di cassazione e comunque oltre il termine di nove anni dall'adozione entro il quale può essere opposto al terzo acquirente).

L'accordo con il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale , stabiliscano il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali minori sui medesimi, rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria fallimentare ai sensi degli art. 67 e 69 l. fall., non trovando tale azione ostacolo né nell'avvenuta omologazione dell'accordo stesso, cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione; né nella pretesa inscindibilità di tale pattuizione dal complesso delle altre condizioni della separazione ; né, infine, nella circostanza che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano stati pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione, non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti. Tale conclusione si impone a fortiori allorché il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore non facciano parte delle originarie condizioni della separazione consensuale omologata, ma formino invece oggetto di un accordo modificativo intervenuto successivamente fra i coniugi, del quale esauriscano i contenuti. (Nella specie, con l'accordo impugnato, il coniuge poi fallito - assegnatario della casa coniugale alla stregua delle condizioni della separazione consensuale omologata - a modifica di tali condizioni, aveva costituito a favore dell'altro coniuge, per tutta la durata della sua vita, il diritto di abitazione sulla predetta casa coniugale, ottenendo in cambio l'esonero dal versamento di una somma mensile, precedentemente pattuito a titolo di contributo alle spese per il reperimento di altro alloggio da parte del coniuge beneficiario).

Nel caso di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, ai sensi degli art.li 155 comma 4 c.c. in tema di separazione personale e comma 6, Legge n. 898/70, così sostituito dalla legge n. 74/87, in tema di divorzio, il relativo provvedimento in quanto avente per definizione data certa, sia esso o la sentenza che definisce il giudizio di separazione o di divorzio, sia il provvedimento provvisorio pronunziato dal Presidente del Tribunale ai sensi di legge, è opponibile al terzo acquirente del bene in epoca al provvedimento medesimo, nel termine di nove anni, ed anche oltre se il provvedimento sia stato trascritto.

Il vincolo di accessorietà tra due pretese giudiziali, ex art.31 cod. proc. civ., tale da giustificarne il cumulo e la trattazione congiunta ai sensi dell'art. 40, comma terzo, cod. proc. civ., nel testo novellato dalla legge n. 353 del 1990, sussiste allorché l'una, oltre a connotarsi per il contenuto meno rilevante, risulti obiettivamente in posizione di subordinazione o dipendenza rispetto all'altra, nel senso che il petitum e il titolo della causa accessoria, pur mantenendo la loro autonomia, non possano concepirsi se non come storicamente e ontologicamente fondati su quelli della causa principale. Una tale situazione processuale non si verifica fra la domanda di divorzio e quella di scioglimento della comunione legale e di divisione dei beni dacché, per un verso, non è lecito assegnare a quest'ultima il ruolo di domanda accessoria - in quanto sia dal punto di vista giuridico sia, soprattutto, da quello pratico, non può considerarsi meno importante rispetto alla prima - e, per altro verso, non ricorre alcuna dipendenza sostanziale, nel senso sopra precisato, fra le due pretese, posto che la domanda di scioglimento della comunione legale e di divisione dei relativi beni non postula la richiesta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ben potendo la parte chiedere la divisione dei beni (una volta passata in giudicato la sentenza di separazione) senza dovere necessariamente e contestualmente avanzare domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

In tema di separazione personale dei coniugi, il godimento della casa familiare può essere assegnato dal giudice della separazione anche al coniuge che non sia affidatario dei figli minori (e, quindi, al di fuori del caso contemplato dall'art. 155, comma 4, c.c.), qualora tale assegnazione trovi giustificazione in sede di regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi medesimi, nel senso che configuri una componente in natura dell'obbligo al mantenimento dell'uno a favore dell'altro. (Nella specie, la S.C. ha così confermato la decisione del giudice del merito che, pronunziata la separazione , aveva lasciato che della casa , di proprietà comune ad entrambi i coniugi, continuasse a goderne la moglie, in considerazione del fatto che l'immobile era "ragionevolmente" indivisibile, sia per struttura e ridotte dimensioni , sia per l'acuta conflittualità tra i coniugi)

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Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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