In tema di giudizio di divisione, la richiesta di attribuzione di beni determinati può essere proposta per la prima volta in appello, poiché attiene alle modalità di attuazione dello scioglimento della comunione e non costituisce domanda in senso proprio; essa, tuttavia, è inammissibile se formulata soltanto con la comparsa conclusionale del giudizio di secondo grado, e, quindi, al di fuori di ogni possibilità di discussione nel contraddittorio tra le parti, senza che sorga obbligo alcuno per il giudice di specifica motivazione in ordine ad essa.

Ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare, già formato o in via di formazione, si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare, ed il giudice della separazione , ai fini dell'assegnazione della casa coniugale, è tenuto a verificare che la concessione in comodato del bene sia stata effettuata nella prospettiva della sua utilizzazione quale casa familiare. (Nella specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva disposto l'immediata restituzione dell'immobile concesso in comodato precario dai genitori al figlio e alla moglie di questo, poi separata, sul presupposto che la nuora, contestualmente alla concessione in comodato dell'appartamento controverso, aveva acquistato altro e più grande appartamento, sicché il nucleo familiare, pur privato dell'immobile dato in comodato , avrebbe comunque potuto utilmente collocarsi nell'altro senza perdita, per i figli dell'habitat domestico).

Nell'ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà al fine che venga destinato a casa coniugale, il successivo provvedimento di assegnazione ad uno dei coniugi del medesimo bene immobile, emesso nel corso di un procedimento di separazione personale, non è opponibile al comodante se questi ne chieda la restituzione in ipotesi di sopravvenuto bisogno caratterizzato dai requisiti della urgenza e della non prevedibilità di cui all'art. 1809, comma 2, c.c. (Fattispecie nella quale il Giudicante ha ritenuto integrare "un bisogno urgente e impreveduto" - legittimante l'estinzione anticipata del comodato - la sopravvenuta separazione del comodante dalla moglie, con conseguente esigenza di trasferimento e reperimento di una nuova abitazione, come pure l'esistenza di problemi di salute).

Ai fini e per gli effetti di cui agli art. 155 quater e 155 quinquies (l. n. 54/2006), con particolare riferimento alla maggior tutela dei figli, dopo la dissoluzione della coppia genitoriale, ed al loro legame affettivo e psicologico con l'abitazione familiare, vanno considerati un'unica casa familiare due nuclei abitativi siti in uno stesso stabile, seppure su piani diversi, e tra loro collegati da una scala interna, e costituenti perciò un'unica abitazione malgrado la loro distanza in altezza, tanto più che i due nuclei abitativi hanno, da molto tempo, costituito, nei fatti, una ed una sola abitazione familiare, in seno unitario, prima che la coppia coniugale si separasse. Alla conservazione del tradizionale habitat domestico e familiare hanno, pertanto, un precipuo, rilevante benefico interesse i figli della coppia, specie se (come nella fattispecie) una figlia, pur se maggiorenne, presenti un livello intellettivo non di poco inferiore alla media (inquadrabile nell'ambito del ritardo mentale di media gravità), il che rende la donna destinata a rimanere, nella realtà di sua vita, irreversibilmente e definitivamente minore ed incapace, e, quindi, avente diritto ad una adeguata tutela innanzitutto sul piano psicologico, abitativo e domestico.

La specificità della destinazione a casa familiare, quale punto di riferimento e centro di interessi del nucleo familiare, è incompatibile con un godimento contrassegnato dalla provvisorietà e dall'incertezza che caratterizzano il comodato , cosiddetto precario, e che legittimano la cessazione "ad nutum" del rapporto su iniziativa del comodante. Il comodato di un immobile adibito a casa coniugale rientra nell'ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 1809 c.c., la cui restituzione è legata al termine dell'utilizzo.

L'assegnazione della casa coniugale a un coniuge, in seguito alla separazione , non fa venir meno, in analogia a quanto dispone l'art. 6 l. 392/1978, il contratto di comodato , di guisa che permane l'applicazione della relativa disciplina. Pertanto, se un genitore concede un immobile in comodato per l'abitazione della costituenda famiglia non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da un coniuge durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell'abitazione coniugale. Infatti, il comodatario il quale, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione anche straordinarie, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante. L'art. 1808 c.c. non distingue, infatti, tra spese autorizzate e spese a iniziativa del comodatario, ma fra spese sostenute per il godimento della cosa e spese straordinarie, necessarie e urgenti affrontate per conservarla, con la conseguenza che l'eventuale autorizzazione del comodante non è in nessuno dei due casi discrimine per la ripetibilità degli esborsi effettuati dal comodatario.

L'art. 6 della legge 1 dicembre 1970 n. 898 subordina il provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minori o maggiorenni non autosufficienti economicamente, conviventi con i coniugi. In assenza di tale presupposto la casa in comproprietà non può essere assegnata dal giudice in sostituzione o quale componente dell'assegno di mantenimento (di separazione o divorzio) e resta soggetta alle norme sulla comunione, in ordine all'uso e all'eventuale divisione.

Allorché sia accertata l’intervenuta riconciliazione dei coniugi e cioè la ricomposizione dei contrasti coniugali e gli indizi di una ripresa vita comune e sia provato sostanzialmente che i coniugi a seguito di un riavvicinamento favorito tra loro da rapporti più distesi abbiano effettivamente ripristinato la comunanza di vita piena nel contesto ben si inseriscono occasioni di vacanza, le uscite con conoscenti e amici, l’entusiasmo e nuovi arredi da scegliere insieme, la ripresa della vita coniugale con modalità significative tali da potersi intendere come riconciliazione coniugale, diviene illegittima l’iscrizione ipotecaria a garanzia del pagamento già statuito a suo tempo in sede di separazione.

Una volta accertata la cessazione degli effetti della separazione consensuale, avvenuto meno pertanto il titolo dell’iscrizione ipotecaria, deve ordinarsi al Conservatore dei R.R.I.I. la cancellazione dell’ipoteca iscritta a suo tempo illegittimamente.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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