Stop all'ipoteca sui beni del coniuge separato se non sussiste pericolo di inadempimento

Con ordinanza n° 30476 depositata il 15/12/2022 la Corte Suprema è tornata in maniera innovativa e modificativa rispetto ai pregressi orientamenti sul diritto del coniuge titolare di assegno di mantenimento, per sè o per i figli, di poter iscrivere ipoteca sui beni del coniuge obbligato.

L’ipoteca a seguito di separazione o divorzio può essere iscritta nella pratica giudiziaria, per importi anche estremamente ingenti, rapportati al presunto periodo di durata dell’assegno, pregiudicando in modo irreversibile il patrimonio dell’altro coniuge.
In realtà l’art. 2818 del Codice Civile consente con qualunque sentenza di condanna al pagamento di una somma, (o all’adempimento di altra obbligazione o al risarcimento del danno), di iscrivere ipoteca sui beni dell’altro.
Tale norma è stata assorbita dall’art. 156 c.c. in tema di mezzi di tutela in tema di separazione e dall’art. 8 della legge 898/70 in tema di divorzio, sicché di fatto, senza alcuna valutazione sul pericolo o mento che il coniuge possa rendersi inadempiente, l’avente diritto può iscrivere ipoteca, sui beni dell’altro, cumulando gli assegni dovuti per tutto il periodo presumibilmente in cui rimarrà in essere tale onere e quindi per cifre estremamente ingenti.
Cambiando totalmente orientamento e rifacendosi ad un’antica precedente sentenza del 2004, la Corte Suprema ha statuito ora che, in tema di iscrizione ipotecaria, il giudice avanti al quale è proposta l’istanza di cancellazione, è tenuto a verificare la sussistenza o meno del pericolo di inadempimento dell’obbligato ed a disporre, in mancanza, l’emanazione del corrispondente ordine di cancellazione al Conservatore dei Registri Immobiliari ex art. 2884 c.c.
È necessario a questo punto, data la complessità della materia e le contrastanti sentenze sul punto, riesaminare la questione dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale relativamente alla separazione ed al divorzio, nell’attuale orientamento, non senza sottolineare l’assoluta carenza normativa sul punto, dovendo trovare la giurisprudenza un equilibrio fra i diritti del coniuge che rischia di perdere ogni garanzia ed i diritti dell’obbligato che vede pregiudicarsi totalmente il proprio patrimonio, anche se risulti perfettamente adempiente al pagamento del dovuto.     

L’ISCRIZIONE DELL’IPOTECA GIUDIZIALE
L’art. 156 c.c. prevede espressamente, come si è visto che, tramite la sentenza possa essere iscritta ipoteca giudiziale sui beni del debitore ex art. 2818 c.c., stesso diritto nella normativa divorzile ex art. 8 legge 898/70.
L’iscrizione di ipoteca giudiziale come si accennava, è consentita invero, art. 2818 c.c. con qualsiasi sentenza di condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento del danno.
Quindi il coniuge separato giudizialmente o consensualmente, così come il divorziato, beneficiario per sé o per i figli di un assegno di mantenimento a carico dell’altro coniuge o dell’assegno divorzile, può iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili dell’obbligato, sulla base della sentenza, (dunque non con il semplice provvedimento del Presidente), sentenza che costituisce titolo appunto per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c.
Processualmente va detto che, per l’iscrizione ipotecaria con la sentenza di separazione e divorzio, così come per qualunque altra sentenza, non è necessaria l’attestazione del passaggio in giudicato in quanto è sufficiente la decisione in primo grado, peraltro utile anche all’esecuzione forzata in quanto provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c.

È da notare sotto questo profilo l’intervento della Corte Costituzionale (Sent. del 19/01/1987 n° 5) la quale ha esteso la portata della norma sull’iscrizione ipotecaria riconoscendo valore di titolo idoneo anche al decreto di omologazione della separazione consensuale.
Va detto che, parimenti alle sentenze di separazione e divorzio, può essere iscritta ipoteca altresì con i decreti di modifica delle condizioni preesistenti ex art. 710 c.p.c. ed ex art. 9 della legge 898/70 (Cass. 10/11/1994 n. 9994 e Cass. Sez. un. 26/04/2013 n. 10064).
Va ricordato inoltre che lo stesso valore di titolo ai fini dell’iscrizionedi ipoteca giudiziale è attribuito al decreto emesso ex art. 316 bis c.c. a tutela del mantenimento della prole nata al di fuori del matrimonio (Corte Cost. 14/06/2002 n. 236).

È tuttavia escluso, e lo si ripete, che si possa provvedere all’iscrizione di ipoteca giudiziale con l’ordinanza presidenziale che determina, all’inizio del processo, i provvedimenti urgenti ed indifferibili ex art. 808 c.p.c., così come non è ammessa l’iscrizione ipotecaria sulla base dei provvedimenti assunti dal solo giudice istruttore che revoca o modifica l’ordinanza presidenziale (la quale tuttavia ha piena efficacia esecutiva).
Per ottenere l’iscrizione sarà necessario munirsi della sentenza in copia autentica da portare al Conservatore dei Registri Immobiliari.
L’iscrizione di ipoteca è uno strumento estremamente aggressivo laddove esso ai sensi dell’art. 2847 c.c. conserva il proprio effetto per ben vent’anni dalla data iniziale, salvo rinnovo.
L’ipoteca viene iscritta ed indicata unilateralmente nel suo ammontare dal creditore computando le somme dovute in funzione del presumibile tempo residuo in cui controparte dovrà far fronte all’obbligazione.
La legge singolarmente non prevede l’obbligo di avvertire dell’avvenuta iscrizione ipotecaria il debitore.

L’ipoteca derivante dalla separazione o dal divorzio non necessitava, secondo parte dell’attuale indirizzo giurisprudenziale, di un inadempimento conclamato, bensì era considerata un meccanismo di garanzia del credito.
Secondo altre decisioni, come l’ordinanza di cui oggi si parla, viceversa, l’ipoteca può essere iscritta solo se vi è un inadempimento o un reale pericolo di inadempimento dimostrabile.
In caso di contrasto è necessario rivolgersi al Tribunale il quale potrà disporre, ove occorra, anche una riduzione dell’estensione dell’ipotecao procedere alla cancellazione della stessa.
Le discussioni giurisprudenziali sul punto riguardano soprattutto i presupposti per sottoporre i beni dell’altro ad ipoteca, cioè se sia necessario un periodo adeguato di inadempimento da parte del coniuge obbligato la cui valutazione è rimessa al giudizio del creditore ovvero se, nell’applicazione letterale della norma, l’ipoteca possa conseguire semplicemente al diritto di percepire l’assegno dall’altra parte.

Dubbi possono sussistere inoltre, (e non è una questione di poco conto) sull’entità della somma da indicare alConservatore quale limite relativo all’iscrizione ipotecaria tenuto conto che l’assegno statuito dal giudice è periodico e normalmente mensile.
Trattandosi di una somma periodica, sarà il creditore stesso a determinare la somma nella nota di iscrizione così come previsto dall’art. 2838 c.c. sottoscrivendo la nota di iscrizione.
Normalmente si utilizza moltiplicare le obbligazioni mensili per il numero di anni per il quale presumibilmente rimarrà in essere l’onere, (per esempio fino all’autonomia economica dei figli o fino all’età probabile del coniuge avente diritto).

Di estrema importanza è che, a differenza di ciò avviene con l’iscrizione ipotecaria sulla base di una sentenza ordinaria soggetta all’imposta di trascrizione, (imposta di bollo € 59,00 + la costosa imposta ipotecaria del 2% dell’importo richiesto con un minimo di € 200,00) in caso di separazione o divorzio, grazie alla legge 898/70 che sancisce l’esclusione di qualunque onere fiscale, l’iscrizione viene eseguita sempre gratuitamente (fermo restando ovviamente l’obbligo di retribuire il professionista incaricato, ma comunque con un risparmio di varie migliaia di euro).

Vi è un’oggettiva manchevolezza e ciò è indubbio, nel testo normativo laddove dell’iscrizione ipotecaria normalmente non viene notiziato il presunto debitore, sicché di fatto egli finisce con lo scoprire l’esistenza dell’ipoteca solo allorché per esempio tenti di vendere il proprio immobile, o chieda un mutuo in Banca.

La questione è ancora più sottile in quanto, in buona fede il coniuge tenuto al mantenimento, rischia di firmare un preliminare di compravendita od altra obbligazione senza sapere che non potrà adempiervi proprio per la precedente iscrizione ipotecaria da parte, in genere, della ex compagna e quindi rischiando concretamente di dover risarcire parte acquirente o nella migliore delle ipotesi di dover restituire la caparra.
Un ulteriore problema avviene allorché l’iscrizione ipotecaria non riguardi un solo immobile, ma più proprietà del debitore, di fatto impedendogli il libero esercizio dei propri diritto o ancora venga iscritta per cifre al di fuori di ogni ragionevolezza.

La Cassazione in effetti a fronte di queste problematiche (Sentenza 06/07/2004 n. 12309), aveva già precisato che la possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale in forza del provvedimento di separazione ovvero di divorzio, è concessa perché l’ipoteca ha la funzione di garantire il pericolo di inadempimento del coniuge obbligato.
Tuttavia per ciò che riguarda la valutazione dell’inadempimento e la garanzia per il pagamento dell’assegno mediante ipoteca giudiziale, detta valutazione del coniuge non è autonoma, ma è subordinata al giudizio nel merito del giudice, laddove la mancanza, originaria o sopravvenuta, del pericolo di inadempimento, determina, venendo meno lo scopo per cui la legge consente il vincolo, l’estinzione della garanzia ipotecaria e di conseguenza il diritto della controparte ad ottenere dal giudice la liberazione del bene con il corrispondente ordine di cancellazione ai sensi dell’art. 2884 c.c.

Sempre la stessa decisione precisa che, anche l’importo, pur essendo determinato dal creditore, può essere ridotto dal giudice il quale potrà avvalersi di criteri oggettivi che non pregiudichino, né la garanzia in favore del coniuge avente diritto al mantenimento per sé ed i figli, né pregiudichino il debitore per i mezzi di tutela nella separazione dei coniugi l’eccessività dei beni sottoposti a vincolo o per l’eccessività delle somme indicate, impedendo la libera negoziabilità degli immobili.

Dunque in pratica secondo tale orientamento, oggi di nuovo affermato, il giudice dovrà prima esaminare se vi è il pericolo di inadempimento del coniuge obbligato e se la risposta a tale domanda è positiva, dovrà determinare se l’entità della somma richiesta o il numero dei beni sottoposti al vincolo, risultino giustificati.
Sono tuttavia rinvenibili decisioni di contrario indirizzo (Corte d’Appello Firenze del 25/02/2017 a conferma della sentenza n. 403/09 del Tribunale di Grosseto), che si sono poste in contrasto con tale indirizzo giurisprudenziale, ritenendo che la lettura della norma evidenzia come non sia richiesta per l’iscrizione ipotecaria la valutazione di alcun periculum in mora.

Il ragionamento della Corte d’Appello secondo alcuni, in effetti appare più convincente dell’orientamento della Cassazione.
Ciò in quanto, mentre la Suprema Corte riteneva anche con l’ordinanza odierna, effettuando una lettura sistematica delle disposizioni di cui all’art. 156 c.c. commi 4, 5 e 6 l’evidente che il creditore, nell’iscrizione ipotecaria, debba valutare la preventiva sussistenza di un pericolo, comunque sindacabile nel merito, di contro altre decisioni evidenziavano il contrasto con la norma generale che attribuisce a qualunque sentenza che comporti una condanna al pagamento di una somma, il potere di richiedere di iscrivere ipoteca sic et semplicer.

Diversamente si creerebbe una disparità di trattamento fra il creditore ordinario, (per esempio beneficiario di una sentenza che comporti il risarcimento del danno, che potrà iscrivere ipoteca semplicemente con il possesso del titolo) ed il coniuge titolare del diritto al mantenimento che viceversa, per iscrivere ipoteca sarebbe sottoposto alla valutazione circa un rischio di inadempimento.
Tuttavia il problema più rilevante è proprio quello delle iscrizioni ipotecarie eseguite con leggerezza e per importi ingenti o peggio su svariati immobili, tutte azioni che creano problematiche molto importanti a carico del soggetto obbligato, il quale, si ripete, finisce con lo scoprire il vincolo solo in occasione della negoziazione dei propri appartamenti.

Tra le altre cose anche sotto un profilo psicologico scoprire improvvisamente di avere tutti i propri beni bloccati è una sensazione estremamente sgradevole, anche perché non vi è un sistema di liberazione rapido dal vincolo imposto normalmente dalla moglie o dalla ex compagna, non ritenendo la giurisprudenza ammissibile sotto questo profilo l’azione ex art. 700 c.p.c.
Dunque l’interessato si troverà a dover risarcire l’eventuale acquirente e poi a dover affrontare una lunga causa di merito con la quale potrà ottenere l’ordine di cancellazione ex art. 2884 c.c. ovvero la riduzione del vincolo.
Un altro problema rilevante sotto questo profilo è quello che sorge allorché sia subentrata una riconciliazione di fatto fra i coniugi nonostante l’iscrizione ipotecaria rimasta in essere.
Il Tribunale di Roma, in un caso similare, dopo una lunga causa nella quale si era accertato che i coniugi si erano riconciliati e poi si erano separati nuovamente ha disposto la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria ritenendo che ai sensi dell’art. 157 c.c. i coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione senza che sia necessario l’intervento del giudice, con un’espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
 
In questo caso il Tribunale accertava che vi era stata tale riconciliazione e che gli effetti erano cessati e dunque il fatto che fosse subentrato un nuovo periodo di separazione non dava diritto ad una rinascita del diritto al mantenimento e quindi al diritto dell’iscrizione ipotecaria precedentemente statuito.
Infatti la stessa norma espressamente statuisce che “la separazione può essere pronunciata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione”.
Va tuttavia detto che il processo durava vari anni, quantomeno per la necessità di sentire i testimoni che confermavano l’intervenuto stato di riconciliazione e dunque di fatto il coniuge obbligato era costretto a risarcire il promissario acquirente il quale aveva versato peraltro una cospicua caparra.

La successiva causa per danni proposta dal marito non veniva accolta nel principio per cui i danni si sarebbero dovuti richiedere con la stessa causa con la quale l’interessato aveva richiesto ed ottenuto la cancellazione dell’ipoteca, e non con un grado successivo ed autonomo (Tribunale di Roma, sent. n. 1663/2020 pubblicata il 24 Gennaio 2020).
Conclusivamente, comunque, resta il fatto, anche alla luce dell’odierna ordinanza che, il coniuge titolare di assegno intanto iscriva autonomamente l’ipoteca e solo dopo, possa rivolgersi al giudice, per chiedere l cancellazione.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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