Condannato perchè non versa l'assegno di mantenimento

Non basta essere ammessi al grtuito patrocininio per dimostrare lo stato di indigenza.

TRE MESI DI RECLUSIONE OLTRE LA MULTA PER CHI NON VERSA ALLA MOGLIE L’ASSEGNO PER IL MANTENIMENTO DELLA FIGLIA MINORENNE DETERMINATO DAL GIUDICE IN SEDE DI SEPARAZIONE
L’imputato era stato condannato dalla Corte di Appello di Milano, per la violazione dell’articolo 3 della legge n°54/2006 e dell’articolo 12 sexies della legge divorzile che espressamente prevede “Al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli art.li 5 e 6 della presente legge, si applicano le pene previste dall’art. 570 c.p.” .
L’articolo 570 del codice penale prevede espressamente la condanna fino ad un anno, tra le altre ipotesi, a chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore.

NON POSSO PAGARMI L’AVVOCATO
La singolarità della recente sentenza della Cassazione penale, (n°576 pubblicata il 26/06/2017), sta proprio nel fatto che l’imputato, il quale era stato ammesso al gratuito patrocinio, riteneva come lo stesso fatto di aver ottenuto il beneficio dell’assistenza legale gratuita, previ gli accertamenti rito e di legge, dimostrava inconfutabilmente come egli non potesse far fronte agli obblighi di natura economica stabiliti nella sentenza civile e conseguentemente andasse assolto.
La pretesa non appare priva di razionalità laddove l’aver ottenuto il beneficio dell’assistenze legale gratuita dimostrava automaticamente la mancanza di mezzi idonei e conseguentemente l’oggettiva impossibilità di adempiere a quanto stabilito dal Tribunale per l’assistenza alla minore.

L’IMPOSSIBILITA’ DI PROVVEDERE
L’opinione del Tribunale penale e poi della Corte di appello, è stata però ben diversa.
Ormai è regola di comune esperienza che numerosissimi padri e coniugi separati o divorziati si sottraggono all’adempimento delle obbligazioni economiche semplicemente spogliandosi artatamente di ogni bene e intestando le proprietà a loro compiacenti amici e parenti.
Altrettanto dicasi per le attività commerciali, quote societarie, depositi bancari e simili, talchè essi ritengono di aver così dimostrato l’oggettiva incapacità di far fronte all’obbligo di versare il mantenimento.
Conseguentemente l’avente diritto non riesce ad ottenere il dovuto, da un lato, in assenza di beni da aggredire esecutivamente e, dall’altro, non potendo ottenere neanche la condanna penale invocando il responsabile dell’omissione, la non imputabilità per impossibilità oggettiva di provvedere.

IL RIPENSAMENTO DELLA CASSAZIONE
Il fenomeno è tuttavia talmente diffuso che vi è stato un irrigidimento notevole della giurisprudenza anche della stessa Cassazione e la sentenza in esame ne è una ulteriore riprova.
La Corte ricorda che la condizione di incapacità di far fronte all’obbligo di versare il mantenimento deve consistere in una oggettiva e comprovata situazione incolpevole di assoluta indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita dell’avente diritto.
Non è sufficiente basarsi sull’ asserzione del mero stato di disoccupazione, ma è necessario dare una prova specifica e verificabile dell’impossibilità oggettiva, assolutamente incolpevole.
Tale prova non può desumersi implicitamente per il soggetto tenuto al mantenimento, solo dall’essere stato ammesso al gratuito patrocinio.

MANCATA RICHIESTA DI MODIFICA DELLE CONDIZIONI
Anche sotto altro profilo la Corte rilevava se non la cattiva fede almeno la inopponibilità dello stato di povertà.
Infatti il padre aveva tutte le possibilità di ricorrere al Tribunale chiedendo una modifica delle condizioni assunte dal giudice civile, dimostrando al Tribunale stesso il proprio stato sopravvenuto di incapacità economica e di assoluta indisponibilità di introiti.
Di contro rilevava il giudice penale, era passato un lungo lasso di tempo senza che il ricorrente avesse mai chiesto al competente giudice civile la modifica delle condizioni economiche statuite con la sentenza emessa in contraddittorio tra i due coniugi.
Poiché è il giudice civile che deve stabilire ed accertare se sussista ancora l’onere di versare l’assegno, l’aver fatto trascorrere un così lungo lasso di tempo senza chiedere la modifica delle condizioni, dimostra indirettamente la volontaria decisione di sottrarsi al mantenimento e non piuttosto una incolpevole violazione derivante da impossibilità oggettiva.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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