Il sesso “contro natura” non basta per annullare il matrimonio

Accanto alla separazione ed al divorzio, il codice prevede la pronunzia della nullità del matrimonio in alcune tassative ipotesi con l’effetto di ritenere invalido il vincolo fin dalla sua origine, a differenza della separazione o del divorzio ove si opera nei confronti di un matrimonio già perfettamente valido.

Uno dei presupposti per ottenere l’annullamento del matrimonio è quello di un errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge.
L’errore si intende essenziale secondo la dizione del codice, allorché si accerti che l’interessato non avrebbe prestato il proprio consenso se sussisteva una malattia fisica o psichica ovvero un’anomalia o deviazione sessuale, tale da impedire lo svolgimento della vita coniugale, non conosciuta.
L’azione deve essere proposta non oltre un anno, dopo che sia stato scoperto l’errore.

LA MALATTIA E LA DEVIANZA SESSUALE

Abbastanza frequenti sono le richieste di annullamento del matrimonio, adducendo l’interessato di aver prestato il proprio consenso nell’ignoranza di una malattia dell’altro coniuge, o comunque nella mancata conoscenza di problematiche di carattere psichico.
La Cassazione ha precisato in più occasioni che il fatto costitutivo dell’annullabilità del matrimonio non è la malattia in sé per sé, ma l’errore del coniuge che, per averla ignorata o non esattamente conosciuta, è stato indotto al matrimonio senza la consapevolezza della situazione effettiva.
Un caso classico in tal senso è proprio quello del disturbo connesso alla sfera sessuale.
Espressamente anzi la norma fa appunto riferimento a “anomalia o deviazione sessuale tale da impedire lo svolgimento della vita coniugale”.

TRANSESSUALISMO, IMPOTENZA, INFERTILITA’

La giurisprudenza dunque in più occasioni ha precisato sotto il profilo della sessualità, allorché il coniuge che impugna il matrimonio per errore, adduca di aver prestato il proprio consenso ignorando l’esistenza di una malattia psichica o di una deviazione sessuale dell’altro coniuge, come egli non sia tenuto a provare unicamente l’esistenza della malattia, ma in modo estremamente rigoroso, anche la mancata conoscenza, prima della celebrazione del matrimonio. Incomberà all’altro coniuge la prova contraria circa la preventiva conoscenza.
E’ invece rimessa al giudice del merito la valutazione circa la gravità del disturbo è l’incidenza sullo svolgimento di una normale vita coniugale e sessuale, considerate le normali aspettative del coniuge, valutazione che deve essere fatta in concreto.
Di norma il transessualismo o comunque l’omosessualità del coniuge, non conosciuti preventivamente, possono portare, sempre secondo la giurisprudenza corrente all’annullamento del matrimonio, in quanto concretizzano un ostacolo insuperabile rispetto alle aspettative del coniuge.
Lo stesso principio vale per ciò che riguarda la totale impotenza sessuale, intendendosi con questa la impossibilità di avere normali rapporti, non essendo però sufficiente la semplice infertilità.
Questa ultima infatti è superabile, sempre secondo la Cassazione per esempio con normali ed attuali pratiche di inseminazione artificiale.
In sostanza le ipotesi che possono essere rilevanti e che possono dar luogo all’annullamento del matrimonio, devono riguardare qualità non conosciute all’altro coniuge che si frappongano e costituiscano un impedimento oggettivo ed ineludibile alla normale vita intima della coppia.

COMPORTAMENTI SESSUALI SGRADITI

Di norma la sessualità ed il mancato accordo sulle pratiche sessuali fra i coniugi, configura senz’altro un motivo di impedimento, (ma non oggettivo), della prosecuzione del matrimonio e quindi  legittima la domanda di separazione.
In taluni casi, il rifiuto di rapporti sessuali può anche dar luogo all’addebito della separazione, in quanto il rifiuto dei rapporti reiterato nel tempo, comporta violazione dell’obbligo dell’assistenza materiale e morale, indicata fra i doveri ed i diritti derivanti dal rapporto di coniugio dell’art. 143 c.c., così come pure comporta l’addebito della separazione la pretesa di avere rapporti fisici con prevaricazione, situazione che può anche configurare il reato di violenza sessuale (sul punto vedasi Cass. n. 19112 del 6.11.2012 e n. 619 del 12.01.2012).

PRATICHE SESSUALI LECITE ED ILLECITE

Del tutto diversa è viceversa la situazione in cui non si richieda la separazione o l’addebito della separazione, ma ci si rivolga al Tribunale richiedendo l’annullamento ab origine del matrimonio sul presupposto della mancata conoscenza di anomalie sessuali o deviazioni sessuale dell’altro coniuge.
La questione, fra le altre, è stata affrontata più volte dalla Cassazione (per tutte: sentenza n. 3407 del 12.02.2013), allorché una donna stancatasi delle preferenze del marito per forme di sesso “innaturali” o “contro natura”, rilevava di essersi sposata senza aver prima conosciuto fisicamente il proprio coniuge e non ipotizzando che questi pretendesse rapporti da questa ritenuti dolorosi, umilianti e comunque non graditi.
Successivamente al matrimonio si era però resa conto, che il marito difficilmente era disposto a praticare rapporti sessuali dalla ricorrente definiti “naturali” (intendendo con questi esclusivamente rapporti vaginali), ma pretendeva pratiche sessuali diverse, alle quali la stessa non era disposta.
Poiché sostanzialmente tali pretese del coniuge sul proprio corpo non apparivano consone alla volontà della ricorrente, e di tali preferenze ed “usanze” del marito, la moglie nulla sapeva prima del matrimonio, riteneva che si potessero ben configurare le anomalie o “deviazioni sessuali” tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale previste dall’art. 122 c.c.  e utili potenzialmente al fine dell’annullamento del matrimonio.

RAPPORTI SESSUALI TIPICI ED ATIPICI

La Corte di Cassazione, senza farsi troppo coinvolgere su ciò che si considera lecito, naturale o tipico e ciò che invece si considera illecito, innaturale o atipico nel campo dei rapporti sessuali, giungeva alla conclusione, come, pur considerando la mancata conoscenza della moglie delle “usanze” sessuali dell’altro coniuge, tale circostanza non potesse considerarsi di impedimento alla vita sessuale compartecipata da parte dei due coniugi.
Infatti mentre la mancata adesione alle pretese sessuali di un coniuge o dell’altro, ben possono costituire motivo della richiesta di separazione, tutt’altra è la situazione allorché si pretenda l’annullamento del matrimonio.
I casi di annullamento sono tassativi e legati a fattori insuperabili, come appunto l’impossibilità di avere rapporti sessuali, l’omosessualità o similari, ostacoli che certamente non sono evitabili in alcun modo e ben possono configurare le fattispecie richieste dal codice.
Nel caso viceversa di pratiche sessuali diverse da quelle gradite, non si è in presenza di un impedimento oggettivo o ineludibile, ed anche ove sussista l’accusa da parte della moglie nei confronti del marito di comportamenti violenti o prevaricatori, consistiti dall’averle imposto rapporti sessuali innaturali, atipici e comunque contro la volontà, non possono equipararsi tali situazioni all’ipotesi di “anomalia o deviazione sessuale” che consentano la pronuncia di nullità del matrimonio.
La fattispecie in esame può al più concretizzare soltanto una situazione di disagio e di sofferenza, ma senza che possa riscontrarsi una anomalia o deviazione sessuale in senso stretto, quanto piuttosto l’incapacità psicologica del partner di concepire i rapporti sessuali con la moglie, in termini di condivisione del piacere erotico e della affettività.
Dunque situazioni similari non hanno rilevanza sotto il profilo della formazione del consenso, ben potendo però rendere insostenibile il vincolo coniugale ai fini della richiesta di separazione, nel caso, con domanda di addebito.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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