Cassazione n. 4757 del 26 febbraio 2010

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L'art. 191 c.c. prevede le cause di scioglimento della comunione e, tra essi, la separazione personale (giudiziale o consensuale ). Lo scioglimento si perfeziona con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale (o l'omologa di quella consensuale ). Nel passaggio in giudicato (o nell'omologa) si individua dunque il momento in cui sorge l'interesse ad agire, concreto ed attuale, volto scioglimento della comunione e alla divisione, ma esso può anche riguardarsi come il fatto costitutivo del diritto ad ottenere tale scioglimento e la conseguente divisione.Tali elementi non possono che qualificarsi come condizioni dell'azione, e non già come presupposti processuali. In particolare il passaggio in giudicato (o l'omologa), come elemento decisivo della vicenda costitutiva del diritto allo scioglimento della comunione legale, comporta che tale vicenda debba ritenersi compiutamente realizzata, con la conseguenza che l'eventuale carenza o incompletezza originaria diviene irrilevante, perché sostituita dalla realizzazione compiuta del fatto costitutivo del diritto azionato, e non può precludere la pronuncia di merito: ciò che sempre accade ove, nelle more del giudizio, si realizzi uno dei requisiti, prima carente o inesistente, previsto dalla legge per l'accoglimento di una domanda giudiziale. Del resto la regola per cui la sopravvenienza in corso di causa di un fatto costitutivo del diritto rimuove ogni ostacolo alla decisione del merito della domanda, e il più generale principio circa la necessità di esistenza delle condizioni di accoglimento della domanda al momento della decisione, appaiono espressione dell'ancor più generale principio di economia processuale.

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