DUE RECENTI DECISIONI DELLA CASSAZIONE HANNO RIMESSO MANO ALLA QUESTIONE DEL MOMENTO IN CUI VIENE A CESSARE IL DIRITTO DEL FIGLIO AL MANTENIMENTO. L’UNA (9 DICEMBRE 2024 N. 31564) RELATIVAMENTE AD UN IPOTESI IN CUI L’INTERESSATO ERA FUORI CORSO ALL’UNIVERSITÀ DA VARI ANNI, NON SVOLGENDO PIÙ ALCUN ESAME, L’ALTRA (CASS. 9 DICEMBRE 2024 N. 31555) DI UNA RAGAZZA CHE, PUR LAUREATA, PER PROBLEMATICHE FISICHE, NON RIUSCIVA A RINVENIRE FACILMENTE UN’ATTIVITÀ LAVORATIVA
La determinazione nel momento della cessazione dell’obbligo di mantenimento per i figli è una delle problematiche più dibattute in dottrina e giurisprudenza e cioè come possa determinarsi in modo univoco e certo, il momento in cui viene a cessare l’obbligo di contribuzione da parte dei genitori.
La problematica nasce dalla genericità della norma che statuisce come l’obbligo viene a cessare allorché il figlio maggiorenne divenga autonomo ovvero la mancata autonomia sia a lui imputabile.
La problematica nasce dalla genericità della norma che statuisce come l’obbligo viene a cessare allorché il figlio maggiorenne divenga autonomo ovvero la mancata autonomia sia a lui imputabile.
La giurisprudenza ha chiarito che la mancata autonomia debba derivare da una vera e propria colpa dell’interessato.
Se è ormai assodato come non si perda il diritto al mantenimento con il raggiungimento della maggiore età, tuttavia non è assolutamente chiaro quale sia il momento temporale in cui tale assegno viene perso.
Vi sono soglie che possono mutare da Tribunale a Tribunale, anche se genericamente si può ritenere che, intorno ai trent’anni, i giudici tendono ad escludere ogni ulteriore diritto al mantenimento, considerando tale limite riferito ad una età tale da permettere ad un soggetto in una realtà sociale come quella attuale, di rinvenire comunque un’attività lavorativa.
Il genitore interessato all’eliminazione dell’assegno dovrà quindi dimostrare le circostanze sopravvenute che non legittimino più il diritto alla persistenza del contributo.
Vi sono soglie che possono mutare da Tribunale a Tribunale, anche se genericamente si può ritenere che, intorno ai trent’anni, i giudici tendono ad escludere ogni ulteriore diritto al mantenimento, considerando tale limite riferito ad una età tale da permettere ad un soggetto in una realtà sociale come quella attuale, di rinvenire comunque un’attività lavorativa.
Il genitore interessato all’eliminazione dell’assegno dovrà quindi dimostrare le circostanze sopravvenute che non legittimino più il diritto alla persistenza del contributo.
LA CASISTICA
Ciò può avvenire per convivenza del figlio maggiorenne in altro nucleo familiare, per capacità di autonomo sostentamento mediante idonea attività lavorativa, per mancato adempimento degli obblighi scolastici o per mancato espletamento per colpa di attività lavorativa.
Dal punto di vista normativo l’obbligo di mantenere i figli è contenuto in numerose disposizioni, dall’art. 30 della Costituzione agli art.li 147 e seguenti del Codice Civile, all’art. 337 septies c.c. che statuisce l’obbligo di continuare a pagare l’assegno di mantenimento anche in favore dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.
La revoca del mantenimento è dunque correlata al momento in cui il figlio sia giunto alla propria autonomia economica ovvero allorchè il figlio, pur essendo stato messo in condizioni di potersi rendere autonomo, a causa della sua inerzia o del rifiuto ingiustificato di lavorare o studiare, nonostante il raggiungimento di un’età adulta, non provveda per colpa al proprio sostentamento.
Senza entrare nel merito delle innumerevoli decisioni sul punto, talune delle quali addirittura contrastanti tra loro anche della Suprema Corte, diciamo subito che al di là delle singole situazioni non va tenuto comunque in nessun conto il tenore di vita tenuto dal figlio in costanza di matrimonio o durante la separazione.
Quanto al rinvenimento di un’attività lavorativa consona e corrispondente al titolo di studio la giurisprudenza ha più volte rielaborato i limiti del concetto di indipendenza del figlio, statuendo che non qualsiasi impiego come un lavoro precario ad esempio, o un isolato reddito, fa venire meno l’obbligo di mantenimento (ex multis Cass. n. 18/2011), ma non è sicuramente necessario un lavoro stabile, essendo sufficiente un reddito o il possesso di un patrimonio tali da garantire l’autosufficienza economica (Cass. n. 27377/2013).
Dal punto di vista normativo l’obbligo di mantenere i figli è contenuto in numerose disposizioni, dall’art. 30 della Costituzione agli art.li 147 e seguenti del Codice Civile, all’art. 337 septies c.c. che statuisce l’obbligo di continuare a pagare l’assegno di mantenimento anche in favore dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.
La revoca del mantenimento è dunque correlata al momento in cui il figlio sia giunto alla propria autonomia economica ovvero allorchè il figlio, pur essendo stato messo in condizioni di potersi rendere autonomo, a causa della sua inerzia o del rifiuto ingiustificato di lavorare o studiare, nonostante il raggiungimento di un’età adulta, non provveda per colpa al proprio sostentamento.
Senza entrare nel merito delle innumerevoli decisioni sul punto, talune delle quali addirittura contrastanti tra loro anche della Suprema Corte, diciamo subito che al di là delle singole situazioni non va tenuto comunque in nessun conto il tenore di vita tenuto dal figlio in costanza di matrimonio o durante la separazione.
Quanto al rinvenimento di un’attività lavorativa consona e corrispondente al titolo di studio la giurisprudenza ha più volte rielaborato i limiti del concetto di indipendenza del figlio, statuendo che non qualsiasi impiego come un lavoro precario ad esempio, o un isolato reddito, fa venire meno l’obbligo di mantenimento (ex multis Cass. n. 18/2011), ma non è sicuramente necessario un lavoro stabile, essendo sufficiente un reddito o il possesso di un patrimonio tali da garantire l’autosufficienza economica (Cass. n. 27377/2013).
PROBLEMATICHE DI SALUTE
Quanto alle decisioni più recenti rileviamo che la laurea non è di per sé sufficiente a far perdere al figlio il diritto al mantenimento, allorchè però sussistano problematiche di salute oggettive che legittimino un ritardo nel rinvenire attività lavorativa.
In tal senso la Corte Suprema con l’ordinanza pubblicata il 9 Dicembre 2024 la n. 31555/2024, esaminava il caso di una ragazza per la quale il Tribunale di Torino pur escludendo il mantenimento, (correlato al precedente tenore di vita), tuttavia le riconosceva un assegno alimentare di € 350,00 mensili.
Ciò in quanto pur essendosi la ragazza laureata era affetta da gravi e serie problematiche di salute, che le impedivano di allontanarsi dall’abitazione dovendo provvedere a determinate manovre fisiche per la propria salute e con ciò limitando fortemente la possibilità di rinvenire un’adeguata attività lavorativa.
Rilevava infatti la Cassazione che, seppur era astrattamente possibile rinvenire un lavoro stante la formazione universitaria, tuttavia le condizioni fisiche (displasia neuronale viscerale, interessante il tubo digerente, con sintomatologia insorta nell’infanzia, con stipsi ostinata), avevano comportato a partire del 2013 interventi chirurgici e cure costanti con un’oggettiva difficoltà ad allontanarsi dalla propria abitazione, se non per poter uscire di casa per poco tempo ed in dipendenza delle condizioni di quel momento.
In tal senso la Corte Suprema con l’ordinanza pubblicata il 9 Dicembre 2024 la n. 31555/2024, esaminava il caso di una ragazza per la quale il Tribunale di Torino pur escludendo il mantenimento, (correlato al precedente tenore di vita), tuttavia le riconosceva un assegno alimentare di € 350,00 mensili.
Ciò in quanto pur essendosi la ragazza laureata era affetta da gravi e serie problematiche di salute, che le impedivano di allontanarsi dall’abitazione dovendo provvedere a determinate manovre fisiche per la propria salute e con ciò limitando fortemente la possibilità di rinvenire un’adeguata attività lavorativa.
Rilevava infatti la Cassazione che, seppur era astrattamente possibile rinvenire un lavoro stante la formazione universitaria, tuttavia le condizioni fisiche (displasia neuronale viscerale, interessante il tubo digerente, con sintomatologia insorta nell’infanzia, con stipsi ostinata), avevano comportato a partire del 2013 interventi chirurgici e cure costanti con un’oggettiva difficoltà ad allontanarsi dalla propria abitazione, se non per poter uscire di casa per poco tempo ed in dipendenza delle condizioni di quel momento.
ESAMI NON SOSTENUTI
Di tutt’altro tenore l’ordinanza emessa il 9 dicembre 2024 n. 31564/2024 con la quale la Corte di Cassazione revocava il mantenimento in quanto il figlio, iscritto al corso triennale di giurisprudenza, non aveva dato alcun esame nei tre anni, giustificando tale situazione con la mancata partecipazione del padre alle tasse universitarie, peraltro per un solo anno, circostanza non rilevante in quanto avrebbe potuto provvedere tranquillamente l’altro genitore.