La fuga all'ester con il figlio non sempre porta all'addebito

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Di norma allontanarsi con il figlio all’estero, senza il consenso dell’altro, comporta delle conseguenze rilevanti tra cui l’addebito della separazione ed il rischio di perdere l’affidamento ed il collocamento. Tuttavia le conseguenze negative non sono automatiche ma il giudice deve tener conto della situazione reale che ha dato luogo all’allontanamento

La questione dell’allontanamento dei genitori con il figlio all’estero è una delle situazioni spesso dibattute nelle aule di giustizia anche per la presenza di numerosi matrimoni misti e di rapporti di convivenza fra cittadini di Stati diversi.
LA TUTELA COSTITUZIONALE
Innanzitutto va precisato come di norma sia lecito che un genitore si trasferisca all’estero con il proprio figlio, in quanto il diritto di trasferirsi è costituzionalmente garantito per chiunque.
Tra l’altro la legittimità di tale diritto, è prevista anche da norme sovranazionali come dalla Convenzione dell’Aia che stabilisce espressamente il diritto del genitore di trasferirsi con il figlio decidendo il luogo di residenza.
Naturalmente il problema si pone in quanto, allontanandosi il genitore con il figlio, sia pure esso affidatario e collocatario del minore, resta la limitazione per l’altro genitore di poter esercitare il diritto di visita, di controllo e di avere con sé il bambino.
AFFIDAMENTO CONDIVISO
Allorché si è in presenza di un affidamento condiviso la problematica è particolarmente rilevante in quanto i genitori che godono dell’affidamento in comune, almeno per le decisioni straordinarie e cioè per la responsabilità genitoriale relativa, sono tenuti ad assumere tali decisioni in accordo fra loro.
Senza dubbio il trasferimento all’estero della residenza del bambino costituisce una decisione straordinaria che dunque andrà assunta con il consenso di entrambi.
In mancanza di tale consenso, dovrà decidere il magistrato.
TRASFERIMENTO SENZA IL CONSENSO
La Corte di Cassazione ha esaminato la questione in numerose occasioni eha statuito che allorché vi sia il diritto di custodia attribuito ad entrambi, mediante affidamento condiviso, il trasferimento all’estero della residenza del minore unilaterale senza il consenso dell’altro, debba considerarsi illecita, non soltanto perché è stato autonomamente modificato il luogo della residenza del figlio, ma anche perché il trasferimento pregiudica il rapporto di effettiva cura del minore da parte del genitore affidatario in modo condiviso, impedendo a questo di continuare ad esercitare i controlli e le tutele nei confronti del minore garantendo a quest’ultimo le consuetudini e la comunanza di vita alle quali aveva diritto.

TRASFERIMENTO PER LA NECESSITA’ DI UN LAVORO
Sempre la Cassazione con la precedente sentenza n° 19694 del 18/09/2014 aveva confermato il rigetto dell’autorizzazione richiesto dalla madre di potersi trasferire nel proprio paese di origine (il Galles) con il figlio minore, almeno per migliorare la propria posizione lavorativa.
Le motivazioni della donna apparivano sicuramente condivisibili, laddove questa rilevava l’errore della Corte d’Appello nel non aver autorizzato la partenza ed il trasferimento di residenza in quanto, rimanendo in Italia, sarebbe stato pregiudicato anche l’interesse del bambino ad una vita più serena, dovendo vivere l’istante con redditi certamente più bassi e quindi con meno possibilità connesse ad una vita meno agiata per il minore a causa della difficile situazione lavorativa italiana.
Inoltre rilevava che, tornando nel paese d’origine, avrebbe avuto l’aiuto dei genitori e quindi era da ritenersi maggiormente protetta la figura del minore.
Nel primo grado e nell’appello tuttavia era stata valutata la consulenza tecnica fatta espletare la quale riteneva sicuramente possibile il trasferimento, ma pregiudizievole per il bambino, il quale avrebbe perso il riferimento paterno. La Suprema Corte conferma tale tesi.
Rilevava in sostanza la Cassazione che poiché bisognava dare preminenza al superiore interesse del minore in funzione del quale andava assunta la decisone se permettere o meno il trasferimento all’estero, dalla consulenza psicologica era emerso che, con il trasferimento all’estero, sarebbe stata annullata la figura paterna con possibili danni evolutivi e di sviluppo nel bambino, riconducibili non soltanto alla problematicità della relazione far le parti ed alla relativa elevata conflittualità, ma anche all’ostracismo della donna nei confronti del marito che si sarebbe proiettata nell’educazione del bambino.
Conseguentemente non veniva autorizzato il trasferimento all’estero ritenendo i giudici difficile, se non impossibile, lo sviluppo armonioso del bambino se non ci fosse l’indispensabile contributo di entrambi i genitori, anche perché il trasferimento in Galles avrebbe reso impossibili gli sviluppi futuri verso una responsabile cogenitorialità, pregiudicando in maniera definitiva gli interessi del bambino a mantenere un adeguato rapporto con entrambi i genitori.
IL MIGLIORE TENORE DI VITA
Va tuttavia detto in tal senso che numerose sono le decisioni contrarie del giudici di merito ma anche della stessa Corte Suprema (n° 18087 del 14/09/2016) che viceversa hanno ritenuto di privilegiare la necessità di un miglior tenore di vita per il bambino derivante da maggiori possibilità lavorative all’estero in favore della madre, pur pregiudicando ovviamente il diritto di visita del padre.

IMPORTANTE IL TEMPESTIVO RICORSO AL GIUDICE
Appare in ogni caso importante in queste situazioni di contrasto fra i genitori, ricorrere tempestivamente al giudice anche perché il Regolamento (CE) n° 2201/2003 del Consiglio del 27/11/2003 ha statuito espressamente come la decisione del primo giudice europeo che si pronunzia, diviene automaticamente esecutiva negli altri Stati dell’Unione, senza bisogno del processo di delibazione.
Nelle situazioni più gravi allorché per esempio il minore è stato affidato in modo esclusivo all’altro, ove manchi un provvedimento diverso del giudice, è punito penalmente il genitore che pone in essere azioni e condotte volte a sottrarre il figlio minore alla vigilanza ed all’esercizio della funzione educativa dell’altro genitore.
IL REATO PENALE
Dunque in tali casi più rari di “fuga all’estero” si può configurare il reato di cui all’art. 574 bis c.p. introdotto dalla legge 15/07/2009 n° 94 che prevede il reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero statuendo la punizione da uno a quattro anni per chiunque sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore impedendo in tutto o in parte l’esercizio della responsabilità genitoriale.

VA ESAMINATO IL COMPORTAMENTO DEL PADRE
Detto questo, va però aggiunto che ogni caso va valutato a sé stante.
È tornata infatti sul punto di nuovo la Cassazione con la recentissima decisione n° 8096 depositata a Marzo 2019 riformando le decisioni dei giudici di merito.
Anche in questo caso si trattava di una situazione in cui una donna si era allontanata unitamente ai minori, andando in Danimarca, rifiutando di far rientro in Italia e trattenendo con sé i due figli.
Il marito presentava denuncia penale e promuoveva tempestivamente la procedura di rimpatrio presso il Tribunale dei Minorenni di Roma ai sensi della convenzione internazionale dell’AIA.
Successivamente richiedeva la separazione personale dei coniugi che veniva addebitata alla moglie proprio per il comportamento posto in essere.
Il Tribunale pronunciando la separazione giudiziale l’addebitava alla moglie, affidando i figli minori ad entrambi i genitori, ma collocandoli presso il padre.
Ciò, nonostante le accuse della donna nei confronti del marito la quale rilevava di essere stata costretta all’allontanamento a causa della condotta del coniuge incline a bere smoderatamente alcool, fatto per il quale erano state prodotte numerose prove, incluse registrazioni audio e colloqui.
Terminato il processo di appello che confermava la sentenza di primo grado, la Cassazione riformava la decisione, rilevando che, di per sé l’allontanamento all’estero senza l’autorizzazione del padre poteva anche ritenersi legittima, allorché questa fosse la conseguenza necessitate di una condotta del coniuge scorretta e non conforme ai doveri coniugali.
Di contro il Tribunale aveva omesso di valutare le prove addotte dalla donna, la quale sicuramente non era stata tempestiva nel proporre lei l’azione giudiziale contro il padre, ma tuttavia non poteva, per ciò soltanto, essere esclusa da poter provare gli atteggiamenti ed i comportamenti pregiudizievoli che erano stati causa proprio dell’allontanamento repentino e del trasferimento all’estero con i bambini.

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