Inutile interrompere la convivenza: ormai l'assegno divorzile è perduto

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Confermando quanto già affermato dalla sentenza n° 6875 del 2015 e n° 2466 del 2016 anche di recente la Corte di Cassazione è tornata sul punto della perdita di ogni diritto per la donna, indipendentemente dal fatto che poi la convivenza con un altro partner prosegua o meno, rimanendo a questo punto indifferente la mancanza di mezzi adeguati di sostentamento.


L’importanza della ordinanza n.19345 del 29 settembre 2016 (che fa seguito alle altre due riportate già esaminate nel precedente articolo) mette la parola fine ad ogni pretesa della donna al fine di ottenere l’assegno divorzile o di mantenimento dall’altro coniuge “allorchè il coniuge beneficiario non abbia mezzi adeguati o comunque non possa procurare per ragioni oggettive” (ex lege n° 898/70 successive modifiche).

UNA DECISIONE CHE COINVOLGE NUMEROSISSIME SITUAZIONI
Come si è detto in precedenza, la giurisprudenza riteneva, dopo decisioni contrastanti, che la costituzione di una nuova famiglia, (cosa che avviene normalmente dopo la crisi coniugale e spesso nel periodo che intercorre tra la separazione ed il divorzio), potesse essere considerata rilevante, in danno delle donne, ai fini della perdita dell’assegno divorzile, ma soltanto nel senso e nella misura in cui tale nuova relazione fa venir meno lo stato di bisogno iniziale.
In sostanza il nuovo rapporto posto in essere dalla donna che aveva maturato il diritto all’assegno divorzile, non faceva cessare automaticamente il diritto a tale assegno.
Tuttavia poteva essere pronunciata la decadenza solo dimostrando che in forza del nuovo rapporto, il reddito percepito tramite la nuova convivenza, escludesse lo stato di bisogno e permettesse comunque di mantenere il pregresso tenore di vita.
Dunque il giudice era tenuto ad accertare non solo l’esistenza di una nuova relazione, ma che la nuova relazione avesse quelle caratteristiche di continuità sulla capacità economica in modo da garantire alla donna che chiedeva l’assegno divorzile, un sufficiente reddito con la conseguenza, ma solo dopo questa preventiva dimostrazione, della revoca dell’assegno divorzile o quantomeno della riduzione dello stesso.

MUTAMENTO DI ORIENTAMENTO
Con le nuove decisioni n° 6855/15 e la 2466/16, è stato scardinato totalmente tale presupposto giurisprudenziale e si è arrivati ad una valutazione più equilibrata e meno foriera di valutazioni soggettive differenti da caso a caso.

IL RIPENSAMENTO DELLA CORTE SUPREMA
In sostanza la Cassazione ritiene ora che l’instaurazione di una nuova famiglia, fa venire meno, per sé stessa, ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge.
E ciò per sempre.
Dunque il relativo diritto non entra più in uno stato di quiescenza nel senso che, ove venisse a cessare la convivenza, riprende vita il diritto all’assegno divorzile, ma tale diritto resta definitivamente pregiudicato dalla convivenza, indipendentemente se questa perduri o meno.

ASSEGNO DIVORZILE TRAVOLTO DALLA CONVIVENZA
In sostanza rileva tale ultima decisione, poiché la formazione di una famiglia di fatto è tutelata costituzionalmente dall’art. 2 come formazione stabile e duratura, non vi è dubbio che l’instaurazione di un nuovo rapporto more uxorio, derivi da una scelta esistenziale libera e consapevole.
L’ex coniuge che decide quindi di iniziare una relazione di convivenza è ben consapevole che questa escluderà ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge, il quale deve considerarsi ormai definitivamente esonerato dall’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile.
Dunque chi inizia una nuova relazione non può non assumersi chiaramente i rischi di una cessazione del rapporto il cui verificarsi non fa certo rivivere il diritto all’assegno divorzile ormai perduto.
In tal senso annoveriamo anche pochi giorni orsono il provvedimento presidenziale del Tribunale di Roma R.G. 26472/16, del 07/11/2016 Giudice Dr. Velletti, ove si revocava l’assegno di mantenimento alla moglie statuito dal Giudice della separazione, avendo questa ammessa l’esistenza di una relazione more uxorio, anche se in seguito terminata.

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