L’ansia da aggressione fiscale

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L’esibizione di muscoli da parte dell’Agenzia delle Entrate, la pubblicità sui mass media dei blitz da parte della Guardia di Finanza, la “pubblicità” giornaliera sulla scoperta evasori, la sbandierata inquisizione fiscale che nulla ha da invidiare ai sistemi totalitari, l’invio di innumerevoli lettere ai contribuenti dal tenore vagamente intimidatorio ove si manifesta chiaramente l’esercizio da parte dello Stato del più minuzioso controllo ad personam segnalando l’incongruenza della dichiarazione dei redditi in rapporto ai beni acquistati o posseduti o con il tenore di vita, sono tutti sistemi volutamente preordinati e studiati a tavolino per “stimolare” i cittadini a versare il dovuto allo Stato.

Tuttavia è netta la sensazione che si sia persa di vista la reale situazione del paese e soprattutto il bersaglio che non è affatto, o non soltanto, il recupero dell’ultimo centesimo dalle tasche del contribuente, bensì la ripresa dell’economia della nazione, mentre l’effetto ottenuto è esattamente opposto.

IN GIRO PER GLI STUDI PROFESSIONALI
Sarebbe sufficiente che i nostri amministratori cominciassero a frequentare la realtà quotidiana degli studi dei commercialisti, degli avvocati o dei notai, per rendersi conto di ciò che sta realmente avvenendo e delle conseguenze di una politica fiscale persecutoria, che non solo mal si concilia con i blandi tentativi di ripresa, ma amplifica la diffusa mancanza di mezzi ed il blocco del mercato imprenditoriale.
Da mesi infatti, a parte l’evidenza di una scarsa disponibilità economica della clientela, rileviamo come non vi sia giorno in cui non ci si debba occupare di procedure di chiusura di aziende, dipendenti che cercano di ottenere il TFR e le ultime retribuzioni dall’Inps stante l’incapienza del datore di lavoro, di soluzioni per la definizione stragiudiziale e transattiva dei debiti con le varie banche e finanziarie private le quali a propria volta seguito dell’insolvenza dei propri ex clienti si avviano fatalmente verso la liquidazione, ma soprattutto dell’incapacità dei contribuenti di far fronte alle azioni continue dell’Amministrazione fiscale e previdenziale.
La realtà è che i cittadini sono assolutamente impreparati ad un irrigidimento così drastico e perentorio e alle azioni poste in essere dal fisco imprevedibili ed impreviste rispetto il passato.
Tutte situazioni hanno di fatto lasciato indifeso il contribuente, accollandogli sanzioni e multe per somme estremamente rilevanti, inaccettabili ed ingiuste sul piano sostanziale e che egli non è realmente in grado di definire, ma che confluiscono fatalmente verso azioni di recupero violente ed ormai frequentissime, come l’iscrizione ipotecaria sulla casa, compromettendo, non infrequentemente, la serenità stessa e la qualità della vita del soggetto aggredito.

L’ABNORMITA’ DELLE SANZIONI E LA SITUAZIONE PREGRESSA
Anche in precedenza l’Amministrazione Finanziaria e l’Inps procedevano all’applicazione delle sanzioni a carico dei contribuenti morosi, applicando la legge ma con un meccanismo di recupero molto più blando.
Il sistema sanzionatorio già in essere e tuttora in vigore, a differenza degli altri Stati europei, prevede multe, sovrattasse, penali, qualunque sia il nomen iuris del meccanismo punitivo, con percentuali e oneri che, se applicati da un privato, lo porterebbero automaticamente in carcere per usura.
Si pensi ad esempio, che già in precedenza l’Inps prevedeva una sanzione fino al 400% dell’importo degli oneri evasi, per ciascun lavoratore irregolare (non si pensi agli stranieri occupati nei campi a raccogliere pomodori, più semplicemente alle piccole aziende che gestiscono negozi in cui soci prestano attività lavorativa, ma non sono iscritti all’Inps, oppure ai collaboratori familiari o agli altri lavoratori parasubordinati non registrati sul libro paga e matricola).
Attualmente, pur essendosi modificati i parametri, le sanzioni raggiungono sempre cifre stratosferiche.
Per esempio per i lavoratori non iscritti, in aggiunta a tutti i contributi evasi per il periodo decorso, è prevista una sanzione amministrativa che può arrivare a 10mila euro per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
Applicando tali parametri agli anni pregressi, si arriva facilmente a cifre dell’ordine di 50 e 10mila euro.
Altrettanto dicasi per il sistema tributario, che prevede per esempio per le dichiarazioni infedeli con omissioni o errori che incidano sul calcolo del reddito, sanzioni fino al 200% dell’imposta, il 30% per tardivo versamento delle imposte e cifre assurde per errori banali, come per esempio per l’inesattezza nell’indicazione del codice fiscale, errore che può essere punito con duemila e 65 euro di sanzione.
Inoltre a prescindere dalle sanzioni sulla dichiarazione dei redditi, basti ricordare che per i tributi asseritamente evasi, è prevista una penale fino al 240%.
L’assurdità di tale sistema punitivo aveva l’evidente scopo di deterrente e di “suggerire” al contribuente di attenersi alla disciplina vigente, in modo da stimolarlo a versare il dovuto.
Tuttavia un sistema così vessatorio e con cifre così irreali, veniva controbilanciato (al di là della qualificazione e del nome attribuito al beneficio promulgato) dai ripetuti condoni fiscali, contributivi et similia.
Ciò faceva sì che il cittadino che violava la legge potesse sempre contare su un sistema futuro di legalizzazione che sarebbe matematicamente giunto con un colpo di spugna sia per ciò che riguardava le maggiori sanzioni dovute, sia legittimando la rimessa in regola con una spesa ragionevole.

LA SITUAZIONE ATTUALE
Ora improvvisamente tale sistema di sanatoria è giustamente scomparso, ma sono rimaste le sanzioni con meccanismi punitivi, percentuali ed importi al di fuori di ogni ragionevolezza e, soprattutto al di fuori della portata di pagamento dei soggetti obbligati.
Cosa tuttavia più grave è che questa improvvisa alzata di scudi dell’Amministrazione Finanziaria, la quale ha bisogno di rinvenire fonti di denaro rilevantissime, è sorta ex abrupto, cioè in modo inaspettato.
Inoltre l’enorme pubblicità che i mass media danno alla continua ricerca degli evasori, mettendo nel calderone insieme ai rari malfattori conclamati, anche qualunque commerciante, industriale, imprenditore, professionista, negoziante, cittadino distratto e praticamente ogni soggetto che svolga attività fiscalmente rilevante o abbia acquistato beni mobili ed immobili o abbia assunto mutui per valori non corrispondenti con quanto dichiarato, ha portato ad una contrazione improvvisa di qualsiasi iniziativa imprenditoriale, senza distinzione di genere, semplicemente per paura.
Pochi giorni or sono, il figlio di una coppia che non trovava lavoro così come migliaia e migliaia di giovani, sollecitato dai genitori ad aprire un bar con la fidanzata, dopo aver fatto i conti dei costi e delle imposizioni fiscali e contributive, ha dichiarato semplicemente: “Ma che so matto? Me massacreno!!”.
Basta guardarsi intorno per vedere gli effetti del clima creatosi: c’è un blocco del mercato imprenditoriale in genere, delle costruzioni, delle iniziative commerciali, via via a scendere fin anche alle piccole iniziative.
Per la prima volta i notai riducono l’orario al personale, ed iniziano a licenziare le segretarie, e questo per quanto si possa ricordare a memoria d’uomo, non è mai successo in Italia.
Gli immobili, stante la ipertassazione non si vendono più, chi è costretto a vendere e non può attendere, cede a prezzi irrisori. I valori sono caduti mediamente del 20%, il mercato è praticamente paralizzato.
La produzione industriale è scesa al 2% ed il PIL è in calo di oltre il 2% nel 2012, (risultati resi noti dall’Istat).
A ciò, si noti, non corrisponde affatto una maggiore entrata fiscale, laddove il gettito tributario riscosso nei primi quattro mesi del 2012 è inferiore di 3.477 miliardi rispetto alle previsioni, secondo i dati emessi dalla Ragioneria Generale dello Stato, il che è come dire che, da un lato nessuna attività imprenditoriale di alcun genere e natura viene più iniziata e contestualmente i cittadini di fronte al comportamento aggressivo dell’Amministrazione Pubblica, oppongono continui ricorsi che intasano le Commissioni Tributarie, o più semplicemente contraggono il pagamento delle imposte e cercano sistemi per sottrarsi alle pretese dello Stato.

IL FISCO INDAGA SUL CLIENTE CHE LO VIENE A SAPERE SOLO DALLA BANCA
Senza grandi disquisizioni, ma attenendoci solo a casi concreti, riportiamo alcune situazioni che pur costituendo casi singoli in realtà rispecchiano l’id quod plerumque accidit.
Ricordiamo un episodio di un nostro cliente, piccolo imprenditore edile, che viene a sapere di un accertamento fiscale nei propri confronti non dall’Amministrazione Tributaria, ma dalla propria banca, la quale gli comunica che è stata costretta a trasmettere al Fisco gli estratti conto dei rapporti con il cliente.
Nell’ambito della successiva verifica fiscale viene chiesta l’utilizzazione e la giustificazione di tutte le somme risultanti dal conto corrente, versate e incassate negli ultimi cinque anni, sia pure non per importi rilevanti, considerati singolarmente, ma che sommati tra loro divenivano fonte di gravi conseguenze sul piano tributario.
Nell’impossibilità di ricordare un numero così rilevante di piccole operazioni a distanza di tanto tempo e impossibilitato a far fronte alle pretese delle informative fiscali, l’interessato ha optato per l’unica strada possibile e cioè, prevedendo il tracollo dell’azienda, la svendita dei propri beni per evitare la sottoposizione successiva alle pretese finanziarie e l’interruzione di ogni attività imprenditoriale.

L’IPOTECA ISCRITTA ILLEGALMENTE
Un altro singolare caso è quello capitato ad altro soggetto che si vedeva notificare le cartelle di pagamento con il proprio nome errato.
Recatosi alla posta per ritirarle, non corrispondendo il documento di identità con l’intestazione della cartella per l’evidente errore del Fisco, l’amministrazione postale rifiutava la consegna.
Inviate varie lettere di rettifica all’amministrazione fiscale, questa le ignorava semplicemente.
Improvvisamente a distanza di circa tre anni, l’interessato recatosi in banca veniva a sapere dall’istituto (e non dalla Gerit) che il proprio immobile era stato ipotecato per una cifra di circa 100mila euro a fronte di una pretesa fiscale per circa 50mila.
A questo punto in assenza di ogni risposta da parte dell’Amministrazione fiscale, non gli rimaneva che rivolgersi ad un avvocato e si dava corso ad un’azione giudiziaria, citando l’Agenzia delle Entrate, la Gerit e riservandosi di chiamare in causa la Conservatoria dei Registri Immobiliari per aver iscritto ipoteca sul proprio bene, ma con un nome diverso.
Solo con la nomina del magistrato, iniziava un palleggio di responsabilità, laddove il Conservatore dei Registri Immobiliari si dichiarava tenuto ad iscrivere ipoteca anche se i dati forniti dalla Gerit risultavano errati, la Gerit a propria volta si giustificava affermando che i dati erano stati trasmessi dall’Agenzia delle Entrate e così via.
Pur di definire la questione, tra l’altro posta all’attenzione di un magistrato particolarmente rigido con i comportamenti del Fisco, l’Amministrazione Tributaria, si dichiarava disposta a definire il debito in meno della metà della somma pretesa cancellando l’ipoteca con tutte le spese a proprio carico, purché il contribuente rinunciasse alle richieste del rilevante risarcimento dei danni per il blocco illegittimo dell’immobile.

LE LETTERE DEL DOTTOR BEFERA
In questi giorni stanno giungendo a tutti i cittadini, (e tutti gli studi professionali sono invasi dai clienti allarmati), un numero imprecisato di lettere, si dice circa 30.000, mediante le quali sostanzialmente l’Amministrazione Fiscale dichiara di aver effettuato degli accertamenti presso le banche dati e di aver riscontrato difformità tra quanto dichiarato dal contribuente e gli immobili acquistati o i mutui assunti, o ancora con le polizze stipulate o con le autovetture intestate eccetera.
Tali lettere inviate a tutti, lavoratori autonomi o dipendenti, terminano con un “Le suggeriamo quindi di considerare con attenzione questa comunicazione e le opportunità di ravvedimento offerte dalla normativa fiscale..la invitiamo a considerare il contenuto di questa comunicazione anche al fine della dichiarazione 2012, valutando la compatibilità delle spese effettuate lo scorso anno come reddito complessivo da dichiarare… Firmato il Direttore dell’Agenzia Attilio Befera”.
Ovviamente ogni contribuente diligente si è recato subito presso l’Agenzia delle Entrate per cercare di definire la propria situazione, anche perché la maggioranza delle difformità concernevano l’acquisto di immobili il cui valore non corrispondeva con il reddito dichiarato, non tenendo evidentemente conto l’Amministrazione Fiscale che, in genere, un giovane non è in grado di acquistare un immobile, e quasi sempre l’acquisto è il frutto dei sacrifici dei genitori o di un parente.
Un caso emblematico è quello di una giovanissima, la quale recatasi diligentemente presso gli Uffici Finanziari, dichiarava candidamente, senza essersi prima consultata con il proprio commercialista, che ella conviveva con il suo nuovo compagno, (ricordiamo, ma questo evidentemente il fisco non lo sa, che in Italia i rapporti di convivenza ammontano a circa 200.000 l’anno ed hanno ampiamente superato per numero i rapporti matrimoniali).
Il padre del proprio compagno aveva provveduto ad intestarle l’immobile, non volendo procedere all’intestazione al figlio, il quale già possedeva altra casa e avrebbe pagato una tassa di registro maggiore.
Solo dopo aver sentito il commercialista la ragazza si rendeva conto della leggerezza commessa, laddove il professionista le spiegava che il trasferimento di denaro o di un immobile in suo favore, non essendo ella coniugata con il proprio compagno, era da considerarsi una donazione indiretta di importo rilevante, senza vincoli di parentela.
Conseguentemente la giovane si era autodenunciata e quindi era soggetta al versamento dell’8% dovuto sulle donazioni indirette oltre le solite tasse, sanzioni ecc. proprio a seguito della incauta dichiarazione.
Pertanto la ragazza avrebbe dovuto pagare per il gesto di generosità del suocero, sull’importo relativo all’immobile del valore di 400mila euro, ben 32mila euro all’Amministrazione Finanziaria, maggiorata di tutte le sanzioni, multe e sovrattasse.

NULLA DA AGGIUNGERE
Questi episodi, tra gli innumerevoli, che stanno accadendo in Italia, rappresentano soltanto una spia del malessere diffuso e spiegano perché il cittadino non sente lo Stato come se ne facesse parte, ma come un regime borbonico ed un nemico da combattere
.
Sembra evidente che un giro di vite così drastico del trattamento fiscale può essere operato solo quando l’economia viaggia con il vento in poppa, e non certo quando l’aumento dei controlli e della tassazione non fa altro che inibire quelle poche iniziative imprenditoriali delle quale lo Stato e la collettività avrebbero un gran bisogno.
D’altra parte è altrettanto evidente che, pur ipotizzando un aumento del gettito fiscale, il prezzo che lo Stato sta pagando in termini di perdita di posti di lavoro e di sviluppo industriale ed imprenditoriale è pauroso e non compenserà mai, per numerosi anni a venire, qualsiasi aumento del gettito che peraltro alla prova dei fatti non si è verificato.
Sembrano cose ovvie però, evidentemente, per chi amministra non lo sono affatto.

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